Sono in ufficio e sto parlando al cellulare aziendale, mentre il fisso squilla insistentemente.
Un beep-beep da mio cellulare mi avvisa che qualcuno mi sta cercando. Guardo il numero. E’ un mio ex-collega. Lo richiamerò dopo.
Dopo un pò il mio ex-collega mi richiama. Mi ero proprio dimenticata di lui.
Rispondo e con voce cupa mi avvisa che è mancata la figlia di un mio ex-collega. Era affetta da neuroblastoma e sapevo che ultimamente non era stata bene. Mi sento mancare le ginocchia. Non so che dire. Chiedo quando sarà il funerale e riattacco.
Ripenso al papà di questa bambina quando, appena nata, le fu diagnosticata la malattia. Penso al coraggio con cui hanno affrontato la situazione i genitori. Ricordo i volti tesi dalla stanchezza dei giorni passati in ospedale e la gioia che sprigionavano a ogni pur piccola conquista.
Ricordo le campagne per la raccolta per l’Associazione neuroblastoma e l’entusiasmo per i risultati ottenuti.
E proprio non mi capacito del fatto che tutto questo possa accadere a una creatura indifesa.
Credo che i bambini abbiano diritto di vivere felici la loro infanzia e che dovrebbe esserci una regola “divina” che li rende immuni da ogni bruttezza, cattiveria o malattia.
Mi organizzo per andare al funerale, ma alla fine non trovo il coraggio di guardare in faccia una situazione che non voglio vedere. Non voglio accettare che queste cosa accadono a chi amiamo e men che meno ai bambini.
Sono una codarda, lo so, ma non riesco proprio ad andare al funerale, affrontare il dolore immenso e inspiegabile per una simile perdita e cercare di razionalizzare che questo può accadere a chiunque.
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