Ci sono momenti in cui il castello di carte di cui è fatta la nostra vita sembra vacillare.
A questo punto due sono le possibilità, diceva Amleto, o ” sopportare gli oltraggi, i sassi e i dardi dell'iniqua fortuna, o prender l'armi contro un mare di triboli e combattendo disperderli”
In altre parole, o subiamo quel che ci sta accadendo, benché si riconosca che la situazione ci crea difficoltà, oppure decidiamo di affrontare il problema e di cambiare la nostra vita.
Nel primo caso, la situazione vista dall’esterno, potrà sembrare per alcuni una mera rassegnazione o un’incapacità di affrontare le difficoltà, per altri apparirà come uno stile di vita, che io chiamo del giunco. Ossia la capacità di adattarsi alle situazioni piegandosi al vento senza mai spezzarsi nè spezzare l’equilibro di ciò che lo circonda.
Qualora invece, si decida di prendere in mano la propria esistenza, apportando le modifiche che ci sembra possano migliorarla, dimostriamo una gran forza di volontà e capacità di miglioramento, ma dobbiamo prendere in considerazione la possibilità che si creino delle criticità di diverso tipo.
In ogni caso la decisione che si prende è diversa qualora si abbiano o meno dei figli.
Sì, perché se non si hanno figli nella decisione l’unica scriminate è la nostra felicità, con i figli la cosa più importante è la loro felicità.
E la riprova di tutto questo è un articolo uscito sul “La repubblica” del 13 luglio 2010 (http://www.repubblica.it/esteri/2010/07/13/news/piccoli_piaceri_13_luglio-5551416/?ref=HREC2-7).
Alla domanda “Quali sono i piaceri della vita” al primo posto è risultato il sorriso dei nostri figli.
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